martedì 27 marzo 2018

IL GIORNO IN CUI FINI LA PRIMAVERA....


12 DICEMBRE 1969 IL GIORNO IN CUI FINI’ LA PRIMAVERA……..
                                                         Di Emiliano Ancarola


Quando si parla degli anni ’60 del novecento in Italia, si cita soprattutto il boom economico dovuto alla ricostruzione del dopoguerra.
 I simboli di quegli anni sono la Fiat 500, la Lambretta, le balere dove si andava a ballare il sabato sera e in televisione ancora in Bianco e Nero spopolano i programmi televisivi Canzonissima e Carosello.
 Nel calcio il Milan del Paron Nereo Rocco vince la prima coppa dei campioni nella finale di Wembley contro il Benfica nel 1963, successo bissato dalla “Grande Inter” di Facchetti e Mazzola nelle stagioni 1963-1964 e 1964-1965.


Insomma gli anni sessanta sono stati per l’Italia, un periodo florido che ancora oggi molte persone ricordano con un sorriso.
 Ma ad un certo punto tutto è cambiato, è arrivato il 1968.
 Il sessantotto rappresenta l’ultimo spartiacque tra un prima e un dopo nel XXI secolo. Mentre negli Stati Uniti e nel Regno Unito la rivoluzione era in atto già dal 1965 in Italia e in Francia la rivoluzione arriva tre anni più tardi. 
Ma qual è il fattore scatenante di questa sommossa? Non mi dilungo sulle altre Nazioni, ma in Italia il movimento sessantottino nasce dall’alfabetizzazione di massa che si è susseguita alla fine della seconda guerra mondiale.
 Gli studenti universitari giudicano la preparazione offerta dallo Stato troppo retrograda ed arcaica e così si incominciano a ribellare e far sentire la propria voce. Nascono comitati, collettivi e picchetti, e si organizzano molte manifestazioni di piazza. Molte di queste manifestazioni finiscono con scontri con le forze dell’ordine e decine di feriti.
 E’ il primo dei segnali inquietanti che lo Stato almeno in un primo momento sottovaluta.
I  giovani italiani, di quel periodo sono anche schierati politicamente, infatti se il governo centrale è retto dalla DC, non mancano estremisti extraparlamentari sia di destra che di sinistra che alzano il livello della tensione.
 Infatti quello che succede dal sessantotto e per tutti gli anni settanta è stata definita “Strategia della tensione”. 
Durante il 1969 in tutto il Paese ci sono dei disordini, dalle proteste degli studenti si passa a quelle dei sindacati che richiedono più sicurezza per gli operai, meno ore di lavoro e un adeguamento salariale equivalente a quello degli altri Paesi europei. 
Proprio a sottolineare questa voglia di lotta e di cambiare le cose c’era uno slogan usato e forse anche abusato in quegli anni che recitava “Il nostro Vietnam sono le fabbriche”. 
Dal settembre del 1969  inizia  un periodo denominato “Autunno Caldo” in cui si verificano diversi attentati e scontri di piazza. 
Tra questi il più cruento  avviene a Piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969 nella Banca Nazionale dell’Agricoltura.
 La strage avviene di venerdì pomeriggio, quando l’edificio è gremito di agricoltori ed intermediari. 
Infatti ogni venerdì  pomeriggio la banca rimane aperto oltre l’orario d’ufficio per dare la possibilità agli agricoltori di acquistare e vendere terreni direttamente lì con l’ausilio di un intermediario.
 Alle ore 16:37  una bomba messa  in una valigetta 24 ore  e posizionata sotto il tavolo centrale della banca esplose uccidendo 17 persone e ferendone 88. 

L’esplosione lasciò un forte odore di mandorle che invase la stanza. 

Quando arrivano le forze dell’ordine non riescono a credere ai propri occhi, erano  impreparati davanti ad una simile strage, del resto tutto lo Stato lo era.
 Quel giorno furono individuate altre due bombe,  una sempre a Milano nella “Banca commerciale italiana” in piazza della Scala, ed un'altra esplosione venne eseguita a Roma nella “Banca nazionale del lavoro” in via San Basilio alle ore 16:55.
 Alle 17:20 altri due ordigni esplosero davanti l’Altare della Patria e all’ingresso del Museo centrale del Risorgimento a Piazza Venezia, provocando 16 feriti.
 La bomba ritrovata nella banca commerciale di Milano non esplose e l’ordigno è stato fatto “brillare” cioè esplodere in un luogo sicuro la sera stessa. 
E’ una cosa strana perché quell’ordigno poteva essere molto utile nelle indagini.
 E di cose strane in quei giorni ne succedono tante, per esempio il governo è convinto che ad effettuare la strage siano stati gli “Anarchici”, così arrivano da Roma ordini di interrogare tutti gli anarchici del territorio romano e milanese senza sosta, fino al momento che non fosse uscita l’identità del colpevole.
 A Milano in questura nella notte tra il 15 e il 16 dicembre mentre gli uomini del commissario Luigi Calabresi stanno interrogando il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli. 
Pinelli ad un certo punto precipita dalla finestra dell’ufficio del commissario  cadde a terra perdendo la vita.
 L’opinione pubblica extraparlamentare si scaglia contro il commissario definendolo  “ Boia Assassino”. Luigi Calabresi per questo evento fu processato ed assolto.
 Ma fu assassinato il 17 maggio 1972 da un commando delle Brigate Rosse. 

Tornando alla bomba di  Piazza Fontana, in un primo momento le forze dell’ordine si convincono che ad effettuare la strage sia stato Pietro Valpreda, un ballerino anarchico sospettato di aver già eseguito alcuni attentati mediante l’esplosivo. 
In più c’è la testimonianza di un tassista che afferma di aver accompagnato Valpreda  il giorno dell’attentato proprio davanti la Banca Nazionale dell’Agricoltura. 
Qualche giorno dopo il tassista viene convocato in commissariato per riconoscere l’attentatore e quando indica Valpreda, il ballerino risponde con la frase “Ma, mi hai guardato bene?”, infatti Valpreda era vestito male e spettinato, mentre accanto a lui c’erano quattro poliziotti in borghese ben vestiti.
 Passeranno alcuni anni per capire che Valpreda con Piazza Fontana non c’entra niente, in realtà durante il corso dell’indagine  si incomincia a credere che l’attentato sia stato fatto da un nucleo di estremisti di destra capeggiati da Franco Freda, e forse in questa strage ha avuto un ruolo determinante una parte dei Servizi Segreti, che ha insabbiato e  coperto le prove. 
Sta di fatto che Freda e i suoi seguaci di estrema destra furono condannati in primo grado e poi assolti in appello ed in cassazione. 
Ancora oggi la giustizia non ha ancora trovato un colpevole della strage, ma quella bomba esplosa nella banca ha dato inizio  agli anni di piombo, un periodo duro, caratterizzato da morti nelle strade e paure, dove a volte  bastava soltanto credere in  un ideale politico per essere ucciso.
 Con questa strage finisce la  gioiosa primavera degli anni sessanta e inizia un inverno che durerà per tutti gli anni settanta.



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