12 DICEMBRE 1969 IL GIORNO IN CUI FINI’ LA
PRIMAVERA……..
Di Emiliano Ancarola
Quando si parla degli anni ’60 del novecento in Italia, si cita
soprattutto il boom economico dovuto alla ricostruzione del dopoguerra.
I
simboli di quegli anni sono la Fiat 500, la Lambretta, le balere dove si andava
a ballare il sabato sera e in televisione ancora in Bianco e Nero spopolano i
programmi televisivi Canzonissima e Carosello.
Nel calcio il Milan del Paron
Nereo Rocco vince la prima coppa dei campioni nella finale di Wembley contro il
Benfica nel 1963, successo bissato dalla “Grande Inter” di Facchetti e Mazzola
nelle stagioni 1963-1964 e 1964-1965.
Insomma gli anni sessanta sono stati per l’Italia, un periodo florido
che ancora oggi molte persone ricordano con un sorriso.
Ma ad un certo punto
tutto è cambiato, è arrivato il 1968.
Il sessantotto rappresenta l’ultimo
spartiacque tra un prima e un dopo nel XXI secolo. Mentre negli Stati Uniti e
nel Regno Unito la rivoluzione era in atto già dal 1965 in Italia e in Francia
la rivoluzione arriva tre anni più tardi.
Ma qual è il fattore scatenante di
questa sommossa? Non mi dilungo sulle altre Nazioni, ma in Italia il movimento
sessantottino nasce dall’alfabetizzazione di massa che si è susseguita alla
fine della seconda guerra mondiale.
Gli studenti universitari giudicano la
preparazione offerta dallo Stato troppo retrograda ed arcaica e così si
incominciano a ribellare e far sentire la propria voce. Nascono comitati,
collettivi e picchetti, e si organizzano molte manifestazioni di piazza. Molte
di queste manifestazioni finiscono con scontri con le forze dell’ordine e
decine di feriti.
E’ il primo dei segnali inquietanti che lo Stato almeno in un
primo momento sottovaluta.
I giovani italiani, di quel
periodo sono anche schierati politicamente, infatti se il governo centrale è
retto dalla DC, non mancano estremisti extraparlamentari sia di destra che di
sinistra che alzano il livello della tensione.
Infatti quello che succede dal
sessantotto e per tutti gli anni settanta è stata definita “Strategia della
tensione”.
Durante il 1969 in tutto il Paese ci sono dei disordini, dalle
proteste degli studenti si passa a quelle dei sindacati che richiedono più
sicurezza per gli operai, meno ore di lavoro e un adeguamento salariale
equivalente a quello degli altri Paesi europei.
Proprio a sottolineare questa
voglia di lotta e di cambiare le cose c’era uno slogan usato e forse anche
abusato in quegli anni che recitava “Il nostro Vietnam sono le fabbriche”.
Dal
settembre del 1969 inizia un periodo denominato “Autunno Caldo” in cui
si verificano diversi attentati e scontri di piazza.
Tra questi il più cruento avviene a Piazza Fontana a Milano il 12
dicembre 1969 nella Banca Nazionale dell’Agricoltura.
La strage avviene di
venerdì pomeriggio, quando l’edificio è gremito di agricoltori ed intermediari.
Infatti ogni venerdì pomeriggio la banca
rimane aperto oltre l’orario d’ufficio per dare la possibilità agli agricoltori
di acquistare e vendere terreni direttamente lì con l’ausilio di un
intermediario.
Alle ore 16:37 una bomba
messa in una valigetta 24 ore e posizionata sotto il tavolo centrale della
banca esplose uccidendo 17 persone e ferendone 88.
L’esplosione lasciò un forte odore di mandorle che invase la stanza.
Quando arrivano le forze dell’ordine non riescono
a credere ai propri occhi, erano
impreparati davanti ad una simile strage, del resto tutto lo Stato lo
era.
Quel giorno furono individuate altre due bombe, una sempre a Milano nella “Banca commerciale
italiana” in piazza della Scala, ed un'altra esplosione venne eseguita a Roma
nella “Banca nazionale del lavoro” in via San Basilio alle ore 16:55.
Alle
17:20 altri due ordigni esplosero davanti l’Altare della Patria e all’ingresso
del Museo centrale del Risorgimento a Piazza Venezia, provocando 16 feriti.
La
bomba ritrovata nella banca commerciale di Milano non esplose e l’ordigno è
stato fatto “brillare” cioè esplodere in un luogo sicuro la sera stessa.
E’ una
cosa strana perché quell’ordigno poteva essere molto utile nelle indagini.
E di
cose strane in quei giorni ne succedono tante, per esempio il governo è
convinto che ad effettuare la strage siano stati gli “Anarchici”, così arrivano
da Roma ordini di interrogare tutti gli anarchici del territorio romano e
milanese senza sosta, fino al momento che non fosse uscita l’identità del
colpevole.
A Milano in questura nella notte tra il 15 e il 16 dicembre mentre
gli uomini del commissario Luigi Calabresi stanno interrogando il ferroviere
anarchico Giuseppe Pinelli.
Pinelli ad un certo punto precipita dalla finestra
dell’ufficio del commissario cadde a
terra perdendo la vita.
L’opinione pubblica extraparlamentare si scaglia contro
il commissario definendolo “ Boia
Assassino”. Luigi Calabresi per questo evento fu processato ed assolto.
Ma fu
assassinato il 17 maggio 1972 da un commando delle Brigate Rosse.
Tornando alla bomba di Piazza
Fontana, in un primo momento le forze dell’ordine si convincono che ad
effettuare la strage sia stato Pietro Valpreda, un ballerino anarchico
sospettato di aver già eseguito alcuni attentati mediante l’esplosivo.
In più
c’è la testimonianza di un tassista che afferma di aver accompagnato
Valpreda il giorno dell’attentato
proprio davanti la Banca Nazionale dell’Agricoltura.
Qualche giorno dopo il
tassista viene convocato in commissariato per riconoscere l’attentatore e
quando indica Valpreda, il ballerino risponde con la frase “Ma, mi hai guardato
bene?”, infatti Valpreda era vestito male e spettinato, mentre accanto a lui
c’erano quattro poliziotti in borghese ben vestiti.
Passeranno alcuni anni per
capire che Valpreda con Piazza Fontana non c’entra niente, in realtà durante il
corso dell’indagine si incomincia a
credere che l’attentato sia stato fatto da un nucleo di estremisti di destra
capeggiati da Franco Freda, e forse in questa strage ha avuto un ruolo
determinante una parte dei Servizi Segreti, che ha insabbiato e coperto le prove.
Sta di fatto che Freda e i
suoi seguaci di estrema destra furono condannati in primo grado e poi assolti
in appello ed in cassazione.
Ancora oggi la giustizia non ha ancora trovato un
colpevole della strage, ma quella bomba esplosa nella banca ha dato inizio agli anni di piombo, un periodo duro,
caratterizzato da morti nelle strade e paure, dove a volte bastava soltanto credere in un ideale politico per essere ucciso.
Con
questa strage finisce la gioiosa
primavera degli anni sessanta e inizia un inverno che durerà per tutti gli anni
settanta.
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